martedì 11 giugno 2019

Hello Hocus, hello Lotus

La mattina di sabato 1° giugno, i bambini grandi si sono cimentati nella lezione aperta del progetto di inglese a loro dedicato.
Ma che non si trattasse propriamente di una lezione aperta lo si è capito nel momento in cui si sono disposti in un grande cerchio nel bel mezzo del salone.
Giulia, la magic teacher che ha accompagnato i nostri bambini durante l’anno alla scoperta di due simpatici dinocroc e dei loro amici, ha chiesto a ciascun bambino di portare nel cerchio un’altra persona, un familiare.


Il cerchio si è ingrandito per ospitare una mamma, un papà, un nonno, un fratello o una sorella.

Una versione più piccola del cerchio magico (niente di mistico o esoterico, solo bimbi speciali che fanno cose speciali!) si forma una volta a settimana in quella parte di una stanza del piano terra dell’Asilo dove si narrano le avventure dei due draghetti (l’altro lato della stanza ospita la biblioteca con tutti i libri a disposizione dei bambini).
Prima Giulia legge il racconto del giorno (partecipano anche le maestre!), poi i bambini si mettono alla prova "leggendo" un pezzetto dello stesso racconto (i bambini hanno talmente tanta confidenza con il libro che sembra stiano leggendo davvero!), infine si ascolta la canzoncina e si vede l’episodio tutti insieme.

Non ci sono dubbi dell’importanza della lingua inglese per la futura professione e nella vita in generale ma il punto è che all’Asilo Divina Provvidenza la lingua straniera si impara in un modo innovativo: no a esercizi, lunghi elenchi di vocaboli da imparare a memoria e le prime regole grammaticali, sì a canzoncine, racconti, giochi da fare insieme.
In questo modo l’inglese (e soprattutto la sua pronuncia) entrano a far parte pian piano del bagaglio di conoscenze personali del bambino, un po’ come quando ha appreso la lingua italiana con l’esempio, l’ascolto e la pratica.
Poche istruzioni per i genitori: l’invito ad utilizzare il materiale didattico anche a casa e il divieto di tradurre quello che ascolta il bambino, anche se è lui a chiederlo. Imparerà da solo a contestualizzare vocaboli e frasi e a ricavarne il significato.

Ma torniamo al cerchio magico più grande, quello del salone di quel sabato mattina.
Il bello è arrivato quando Giulia ha indossato (e così hanno fatto tutti i bimbi) la maglietta magica che, una volta su, non permette più di esprimersi se non in lingua inglese.
Avete capito bene, nemmeno una parola in italiano! In English, please!
Il terrore sul volto dei genitori, un sorriso stampato su quello dei più piccoli.
Let’s hold hands, close your eyes, one, two, three…now we are going to tell a story. Si comincia.

La scelta cade sull’ultimo racconto dell’anno: rat’s treasure.
Giulia racconta un pezzo alla volta le peripezie di Lotus che rincorrendo una palla rimbalzante si imbatte nella tana di un topo e scopre la sua camera del tesoro colma di oggetti di ogni tipo.
Riuscirà a scambiare la palla con il suo stereo portatile e, una volta a casa, ad improvvisare una festa danzante con Hocus.
Ogni bambino a turno ripete le frasi dell’insegnante e ne imita i gesti, chi un po’ esitante, chi con disinvoltura, chi con sicurezza, ma nessuno si tira indietro.

Alla fine arriva il momento della consegna dei diplomi: Giulia chiama ogni bimbo e ad ognuno consegna l’attestato del corso di inglese, prova tangibile di tutto l’impegno nel seguire le avventure dei due dinocroc durante l’anno.

Bye bye Hocus, bye bye Lotus!
See you soon!





Si ringrazia per questo post: Daniele, che essendo papà di un bambino grande (Giorgio, delfino), sta vivendo in prima persona tutti gli eventi dedicati ai grandi 😊, e Giorgio, appunto, che ha suggerito al suo papà le parole giuste da scrivere 😊😊

giovedì 6 giugno 2019

I PIRATI e la CACCIA al TESORO

Il sabato in cui all’asilo sono arrivati i pirati, si diceva che i pirati avrebbero portato anche tempesta.

(Cliccate qui per far partire il sottofondo musicale piratesco che accompagnerà la lettura di questo post:





In realtà, di fronte ad una mattina sorprendentemente soleggiata, le previsioni funeste del pomeriggio sembravano uno scherzo: così, lo scivolo a ponte è stato in procinto di diventare un vero vascello.


Ma i pirati, si sa, sanno leggere il cielo e le nuvole meglio di chiunque altro, e, come previsto, insieme a loro la tempesta è arrivata davvero, puntuale come un colpo di cannone.
Così, non è rimasto che trasferire la festa in salone: tutti sotto coperta, nel covo dei pirati!

C’è da dire che i pirati erano abbastanza attrezzati, con sciabole, cannoni, le loro immancabili bandiere con il teschio, e un sacco di mascherine e oggetti per trasformare i bambini: dai tatuaggi che non possono mancare sulle braccia di un pirata che si rispetti, alla benda sull’occhio, all’uncino del famoso Capitano, alle bandane rosse e nere.




C’era un pirata poi, con le braccia tutte tatuate, e che per confondersi indossava la maglietta dell’asilo, che ha riempito il salone di musiche e ballate piratesche, come quella che state ascoltando se avete attivato l’audio.

E c’era una piratessa che ha raccontato la storia del pirata Capitan Pasticcio a una platea di piccoli pirati attenti e concentrati, e stupefatti delle connessioni con le loro più recenti conoscenze (Spiralino: toh, i casi della vita!)



La storia diceva così:

"Capitan Pasticcio è un pirata che vive nella sua fortezza in un'isola al centro dell'oceano, circondato da una banda di pirati che difendono il loro capitano e tutti i tesori che hanno accumulato dopo anni di abbordaggi e avventure.
Un giorno Capitan Pasticcio decise di imbarcarsi sulla sua nave, la Divina Provvidenza, e fare un lungo viaggio nella città di Varese approdando alla Schiranna per fare visita a suo fratello gemello Spiralino, un artista che abitava all'Asilo.
I due fratelli non si vedevano da molto tempo, passarono insieme una settimana e si divertirono da matti: Capitan Pasticcio insegnò a Spiralino i colpi segreti dei duelli con la spada e Spiralino insegnò a suo fratello come si dipingono magnifiche bandiere pirata.

Capitan Pasticcio era talmente felice di aver incontrato suo fratello che decise di ringraziarlo: una notte, mentre Spiralino dormiva, nascose un forziere con dentro quello che Spiralino amava di più, proprio qui nel cortile dell'Asilo!
Prima di partire per tornare sulla sua isola lasciò degli indizi e delle prove da superare in modo che chiunque si fosse dimostrato abbastanza abile avrebbe trovato il suo tesoro.
Spiralino non c'è mai riuscito: volete provare voi bambini a seguire la mappa e a trovare il tesoro di Capitan Pasticcio?"

Fu così che i bambini, arruolati in tre ciurme, dovettero darsi da fare per superare delle prove: riempire le botti di munizioni passando sulla passerella protesa fuori bordo, buttandosi in mare e cercando di non farsi mangiare dei papà-pescecani, dimostrare il loro orgoglio piratesco urlando a squarciagola cose tipo “corpo di mille balene!!”, oppure “all’arrembaggio!” per spaventare un gruppo di malcapitati prigionieri, e infine dare le risposte giuste alle domande più bizzarre che Capitan Pasticcio si è divertito a formulare.




Una volta superate le prove, non restava che capire dove fossero le tre chiavi per aprire i forzieri del tesoro, uno per ogni ciurma.

E, una volta trovate le chiavi e aperti i forzieri, in un battibaleno i piccoli pirati si sono spartiti il tesoro e se lo sono… mangiato! 😋
Ecco: i bambini si sono dimostrati abbastanza abili da superare le prove e trovare il tesoro, proprio come Capitan Pasticcio si era augurato che accadesse.
Capitan Pasticcio deve aver trasmesso loro anche un’altra abilità, quella dei duelli: la battaglia finale a colpi di spada è stata una performance degna dei migliori pirati dei Caraibi e non solo 😉



E a ballare e scatenarsi alla pirates-dance, da chi avranno preso? 😉

Insomma, tutte queste capacità andavano incise su pergamena: il diploma da pirata è stato il riconoscimento che i bambini si sono portati a casa dopo questa avventura (oltre al tatuaggio, le monete d’oro, e le spade-palloncino, ovviamente 😊 )



Da un’idea di Daniele, papà di Giorgio, delfino, molti genitori-pirati si sono adoperati per creare ed organizzare questo evento, dai giochi, al materiale, alle scenografie. Grazie in particolare alla piratessa Francesca, mamma di Chiara, orsetta, per aver letto e interpretato la storia iniziale.

E, anche se oramai il trailer non serve più, lo includiamo qui nel caso aveste voglia di rivederlo 😉


lunedì 3 giugno 2019

31 maggio 2019 - Il Momento Giusto

È il momento giusto.
I bambini sono al centro dell’inquadratura.
È il momento giusto per lo scatto e…niente.
Il momento è passato e io ho perso l’attimo.

Mi sono distratto quando loro sono entrati, stanno marciando in cerchio sulle note della
canzone dei remigini, hanno riempito il salone, si dispongono in file uguali, tigrotti, orsetti, tartarughe e delfini.
Fa un po’ strano vederli lì, dritti, in file regolari, seri e composti davanti ai genitori, quando pochi istanti prima non riuscivi ad immaginarteli se non in cortile, chiassosi e lanciati in corse sfrenate.

Qualche risatina qua e là, qualche mamma si abbandona già alle lacrime, la cerimonia è
iniziata ma la mente vola lontano, si accavallano i ricordi e ognuno di essi si trascina dietro un’emozione indelebile.

Una voce sta leggendo qualcosa al microfono ma è distante, io ho davanti le stanze della
sezione primavera all’inizio di questo viaggio, mi si stringe lo stomaco a lasciare quella
manina così piccola, mille dubbi mi attanagliano: avrò scelto bene? È il posto giusto?
Starà male senza di me?
E poi la corsa per dare un’occhiata furtiva al diario delle apine: cosa avrà fatto oggi il mio
bimbo?
E la pioggia di domande alla maestra: ha mangiato? Ha fatto il bravo? Ha giocato con
qualcuno?

Poi l’inserimento, calarsi pian piano in un ambiente sconosciuto, le prime amicizie, dirette e genuine come solo a questa età possono avvenire, i primi lavoretti e i primi pasticci, le prime marachelle, le prime simpatie e antipatie, i primi litigi.

Vengo riportato in salone da un nuovo canto dei bambini.

Dopo le parole di Mons. Luigi Panighetti e la preghiera insieme ecco il momento più
importante della cerimonia: la consegna dei diplomini. Quando vengono chiamati per
nome i bambini si presentano a ritirare il loro diploma e il loro cappello e tutti hanno
stampato sul volto un sorriso fiero e orgoglioso.

Per un attimo penso che non sia giusto! Crescere non va bene, penso che il cambiamento
non porti nulla di buono e formulo un desiderio: che il mio bambino e la mia bambina
restino per sempre così, come congelati in un tempo fatto di giochi, colori, sapori,
filastrocche e sguardi sinceri.
L’attimo seguente mi rendo conto di quanto egoista sia stato il mio desiderio e un po’ me
ne vergogno: la vita è vera solo se si compie un cammino.

Con la fine della consegna cala anche un po’ la tensione, tutti si riversano fuori nel sole del cortile, adesso il pomeriggio è un po’ meno cerimonia e un po’ più festa.

Le maestre insieme recitano una poesia bellissima che riesce a commuovermi, parla di
una valigia e di tutto quello che dovrebbe contenere per il futuro dei nostri piccoli:
coraggio, fantasia, lealtà, tenerezza, rispetto, sincerità.



Rispunta in me la metafora del viaggio e ancora una punta di malinconia che però subito
viene sommersa dall’onda scomposta dei bimbi che corrono a rintracciare l’impronta della
propria manina sulla parete dei ricordi.


È il momento giusto.
Il dito è pronto, in tensione sul pulsante, loro sono in primo piano, perfettamente a fuoco.
È il momento giusto, ma decido di lasciar perdere.
Spengo la macchina fotografica, qualcun altro penserà a scattare.
Questa volta niente distrazioni: mi guardo intorno attento, li voglio conservare per sempre così nei miei ricordi, capelli sudati, magliette sporche di terra, contesi tra lo scivolo e l’altalena, le urla di gioia che riempiono l’aria e colmano i cuori.


Si ringrazia per questo post: Daniele, papà di Giorgio, delfino diplomato 😊