sabato 28 maggio 2016

Riflessioni di una scuola sensibile

Cari amici, oggi è la Scuola che vi scrive. Proprio io, l’asilo. Quella casa grande che sta in Via della Conciliazione 3 e che accoglie i vostri bambini.
Sappiatelo, non sono solo una costruzione di mattoni, io ho anche un animo, sensibile per di più. 




Allora, l’altra sera sono venuti qui dei genitori nuovi (quasi tutti nuovi), perché c’era la riunione per i bambini che a settembre inizieranno la Scuola dell’Infanzia.
La sera dopo, sono venuti qui altri genitori nuovi (quasi tutti nuovi), perché stavolta c’era la riunione per i piccoli che a settembre inizieranno la Sezione Primavera.
Evviva!! Mi son detta. Altri bambini arrivano a rallegrare queste aule. Ero molto felice. Ho pensato che avrei dovuto fare una TO DO LIST per loro: comprare grembiulini e bavaglie, cucire contrassegni, riempire astucci di pennarelli a punta grossa, mettere il nome sui lenzuolini. Segnare l’appuntamento per l’incontro individuale.
Ma per fortuna ci hanno pensato le maestre, perché quando sono così contenta mi emoziono e poi mi dimentico.

E io ero molto felice. Dalla mia postazione da mamma chioccia, studiavo emozionata i genitori - emozionati anche loro - immaginandomi i bambini nuovi. Per settembre sarò prontissima, avrò già imparato tutti i nomi e accoglierò tutti i nuovi piccoli come se fossero i miei pulcini. Non vedo l’ora!

Solo che poi, di giorno, ho iniziato a sentire i bambini grandi fare le prove della canzone dei remigini. E io quando sento la canzone dei remigini piango sempre perché mi viene in mente che alcuni bambini andranno via.

Anche per i loro genitori forse ci sarebbe da fare una TO DO LIST (ripiegare i grembiulini e riporli da qualche parte, al riparo dalla polvere, chiudere le scatole piene di disegni e lavoretti, riordinare le foto, i CD, i DVD in modo da ritrovarli facilmente quando viene la nostalgia e li si vuole rivedere). Ma nessuno dice cosa fare, forse perché è un po’ triste dirlo.
E voglio che il tempo si fermi.

Io me li ricordo questi bambini che pochi pochissimi anni fa erano piccoli, così piccoli che a volte facevano ancora la pipì addosso, usavano il ciuccio, sapevano fare solo scarabocchi e facevano la nanna dopo pranzo con il loro orsacchiotto. E dico: ma come è potuto succedere che siano già diventati così grandi??
E i piccoli di adesso, chi potrebbe sospettare che tra pochi pochissimi anni saranno già abbastanza grandi per andare alla scuola elementare?

Insomma...come può accadere che tre anni passino alla velocità della luce??

Guardate me, sono qui da tempo immemore (108 anni per la precisione) e sono sempre io. Non sono mica cresciuta. Magari nel corso degli anni sono diventata più grande, e più bella. Sì, va bene, magari avrei bisogno di qualche ritocchino qua e là (ma diciamolo piano). Ma non mi sono mossa da qui, ci sono e ci sarò sempre. Che i bambini arrivino, stiano solo per un pò e poi vadano via è un’ingiustizia bella e buona.
No perché io mi affeziono.

Vorrei che rimanessero tutti.

Però, quando qualcuno torna a salutare, negli anni successivi, vedo che è felice, anche se va a scuola ed è cresciuto.
Allora mi rassegno, e penso che è così che deve andare, e io tutti i miei bambini li terrò sempre nel cuore, e questa è una cosa bellissima.

Penso che nascere Scuola dell’Infanzia sia la cosa più bella che mi sia mai capitata.
Se rinasco, voglio rinascere Scuola dell’Infanzia, sempre qui, in via della Conciliazione 3. 

martedì 24 maggio 2016

GIOCHI (teatro inspired)



Sabato mattina i bambini grandi hanno mostrato ai genitori alcuni giochi che hanno imparato a fare durante i bellissimi venerdì di teatro.

Sabato all’ora di pranzo, quanti bambini stavano ripetendo a casa gli stessi giochi con fratelli/sorelle/genitori? :-)

I giochi teatrali prendevano spunto – spiega Lidia, la nostra bravissima insegnante di teatro – dal racconto di Leo Lionni “Federico”. 
Una storia che all’inizio ricorda quella della cicala e della formica: il topo Federico non lavora per raccogliere provviste per l’inverno, come invece fanno tutti gli altri. Lui se ne sta lì, e sogna. E invece, è una storia profondamente diversa da quella della cicala fannullona. Il sognare di Federico infatti è molto importante perché permetterà alla comunità dei topi di superare l’inverno, almeno al pari delle provviste.
Sulla storia del topo Federico si è costruito il laboratorio, e, in piccolo, si è strutturata la lezione aperta di sabato.

Federico che, anziché faticare come gli altri e correre da una parte all’altra per raccogliere provviste, ha la testa fra le nuvole: i bambini hanno imparato ad usare il corpo e l’espressione per camminare con aria sognante e spensierata sulle note di Forrest Gump Suite, che ancora di più li fa sembrare piume trasportate sognanti dall'aria. Hanno imparato anche ad essere dei topolini che si muovono frenetici e corrono impazziti per darsi da fare.

Federico che durante il buio inverno sa far vivere i colori caldi dell’estate: ogni colore ha la sua faccia, e i bambini hanno imparato a fare la faccia dei colori. Il gioco è UN DUE TRE STELLA A COLORI, che è come UN DUE TRE STELLA ma, in più, bisogna muoversi immedesimandosi nel colore deciso alla partenza, rivelando l’emozione che ogni colore rappresenta. Il grigio è triste e mogio, il giallo è allegro e pimpante, il nero è spaventoso. E loro, i bambini, sanno fare tutti i colori, con le espressioni del viso, i gesti e i movimenti. Più o meno... :-)

Federico che è capace di catturare il sole: immaginari raggi di sole cominciano a schizzare dalle manine dei bambini, passando da un bambino all’altro. Bisogna stare attenti e concentrati, avere prontezza di riflessi e immaginazione visiva coordinata e pronta per acchiappare le palline di sole invisibili che saettano qua e là, secondo traiettorie imprevedibili, neanche fossero il boccino d’oro del Quidditch.

Federico che saprebbe nascondersi anche in un deserto: i bambini hanno imparato a giocare a NASCONDINO MAGICO, che è come nascondino ma senza nascondigli, e a nascondersi quindi in loro stessi usando il proprio corpo, le mani, gli occhi, raggomitolandosi o stando in piedi, testa bassa, occhi chiusi, mento contro il petto. Chi sta sotto cerca i bambini nascosti, accettando di non vederli, può giocare con loro, può fare qualche piccolo dispetto, sdraiarcisi sopra, finché non li trova! Il potere dell’immaginazione può essere molto divertente, oltre che assolutamente straordinario! 

Federico che gioca con le parole, e poi però dice poesie senza parole: i bambini fanno il verso a Lidia, nelle parole, gesti ed espressioni. Lidia mima una poesia, e i bambini le vanno dietro (e qualcuno esclama, entusiasta: “ecco, è la poesia!!"). La poesia la conoscono solo loro e nonostante gli sforzi interpretativi nostri e la bravura loro, decifrarla è quasi impossibile. Quindi, eccola qua:

“Chi fa la neve, il prato, il ruscello?
Chi fa il tempo brutto oppure bello?
Chi dà colore alle rose e alle viole?
Chi accende la luna e il sole?

Quattro topini, azzurri di pelo,
che stanno lassù a guardarci dal cielo.

Uno fa il sole e l’aria leggera
e si chiama topino di Primavera.
Bouquets profumati...serenate,
ce li regala il topino dell’Estate.
Il topino dell’Autunno fa scialli e ricami
con foglie dorate strappate dai rami.
Il topino d’Inverno, purtroppo si sa,
ci dà questa fame...e il freddo che fa.

Le stagioni sono quattro. Ma a volte vorrei
che fossero sette, o cinque, o sei.”

E quando alla fine Lidia cerca di rimandare i bambini al loro posto, non c’e verso, perché i bambini, anziché ubbidire, ripetono gli ordini di Lidia: 
- Lidia “ora andate a posto” 
- Coro di bambini “ora andate a posto”
- Lidia: “bimbi, adesso basta!”
- Coro di bambini “bimbi, adesso basta!”
...eccetera eccetera 
(d’altronde questa è la regola di un gioco che potrebbe non finire mai) 
Ecco allora che solo il gatto, che dà la caccia a Federico, interviene e riesce a rimetterli in riga.

E il gioco finale di ogni bambino insieme a mamma o papà o nonna o nonno o fratello o sorella, è una bella prova di attenzione e agilità e nel caso delle coppie più dispettose, di contorsionismo di base, un “adesso ti faccio vedere io” divertente che unisce ogni coppia tramite un filo invisibile mano-occhi.

Grazie a Lidia Rusconi, che ha reso i venerdì di teatro dei giorni speciali, ha guidato i nostri figli in un percorso di scoperta della loro creatività e potenzialità artistica, e li ha fatti divertire in un’avventura magica, stimolante ed emozionante.

domenica 8 maggio 2016

Mother's day

Bene, è la festa della mamma.
Sì ma…come si festeggia la festa della mamma? Ai più questa domanda sembrerà assurda, ma qualcuno magari leggerà fino alla fine del post (per scoprire forse che è effettivamente assurda, eh).

Allora, vediamo: l’essere mamma (così come l’essere papà o nonni fino ai gradi più lontani di parentela) non è uno stato in sé; è un rapporto, una relazione. Una mamma è sempre rispetto ai suoi figli *.

Ovviamente, direte voi. Eh ma mica è così scontato.
Per esempio, un po’ ci piacerebbe oggi dire: è la mia festa quindi io non cucino per nessuno. Me ne sto tranquilla a leggermi un libro e poi mi faccio un bel bagno rilassante, e non voglio sentir volare una mosca. Oppure dormo.


(credits: https://www.facebook.com/Babble)

Eh no, peccato, sarà per un’altra volta: mamma = relazione, ricordate? Quindi c’è poco da stare da sole tranquille, a maggior ragione oggi che è la festa di questa relazione.

Un bambino che vuole festeggiare la sua mamma non la lascerà tranquilla ma la seguirà affettuosamente, perché la mamma ha ragione d’essere in funzione sua. E sì, come ogni giorno, ve lo troverete in bagno con voi, con buona pace di tutti.
Quindi, come si festeggia la festa della mamma? Lasciando da parte il nostro libro, chiudendo il rubinetto della vasca e spadellando come al solito, con gli occhi, le orecchie e le braccia tese verso i nostri figli, se sono piccoli, oggi in particolare perché avranno da recitare la poesia che hanno imparato all’asilo, e da donarci quello che hanno realizzato per noi. E avranno abbracci da ricevere, non solo oggi, sempre.
(Se sono grandicelli, bè, in bocca al lupo.)


* C’è un’eccezione in realtà: quella delle nostre meravigliose insegnanti che sono anche le mamme dell’asilo dei nostri bambini. Loro sono mamme rispetto (anche, dove applicabile) ai figli degli altri. Quando ci sentiamo esasperate dal sessantesimo maaaammaaaaaaaa in un’ora pensiamo a loro, che si sentiranno chiamare sessanta volte all’ora, ma moltiplicato per 25 bambini.

(no dai, qui si esagera ;-) )